Pierangelo Sardi, co-presidente di APIOW, Association of Psychologists of Italian Origin in the World
Titolo: "Il sindacato e l'ordine: una testimonianza"
Le interazioni fra sindacato ed Ordine degli psicologi in Italia sono state spesso incisive, reciprocamente, come è giusto che siano tutte quelle fra i propri interessi ed i propri doveri, tanto per gli individui che per le collettività. Cominciarono già dall’iter parlamentare della nostra legge di Ordinamento, che era stata proposta originariamente in ambito SIPS, Società Italiana di Psicologia Scientifica (aggettivo poi cancellato come superfluo), un iter che durò una ventina d’anni, le due ultime legislature mentre il sindacato era già stato fondato (formalmente dal 1980) ed organizzato abbastanza per risultare decisivo sulla formulazione finale della legge 56/’89, specialmente sulla regolamentazione della psicoterapia. Formulazione che, a sua volta, è stata decisiva per la struttura dei ruoli e dei relativi contratti sindacali. Meno rilevanti che altrove sono divenute, invece, le più specifiche organizzazioni e società scientifiche di psicologia. In USA, ad esempio, l’APA enumera ben 56 “Divisioni”, molto più attive sul mercato che le poche nostre, che lasciano a tante altre, purtroppo esterne alla nostra categoria, l’avvicinamento alle esigenze dei potenziali clienti. Per meglio intercettare queste esigenze, in Inghilterra la figura dello psicologo generico non esiste proprio, neppure inizialmente: nasce già divisa in quattro, cresce poi presto in una quarantina, sino a salire a più di trecento col pieno sviluppo della gamma delle competenze. In Italia questo frammentarsi per rispondere più precisamente al singolo problema posto dal singolo potenziale cliente non è mai stato ben accettato, e non solo dagli psicologi. Nel precedente 25ennale della nostra legge di Ordinamento, ci siamo trovati per iniziativa dell’Ordine della Toscana a Firenze, insieme anche ad alcuni rappresentanti dell’Ordine dei Medici, allora durissimamente multato perché il loro codice deontologico puniva proprio questo tipo di iniziative che invece nel mondo anglosassone sono favorite strutturalmente. Le vicende che stiamo soffrendo con i Counselor non-psicologi sono solo una delle negative conseguenze di questa nostra mancata comprensione dell’aria che tira in Europa, con ricadute ricorrenti e sempre più minacciose qui in Italia ed anche negli altri Paesi dell’Europa continentale. In questi ultimi anni l’Ordine degli Psicoterapeuti tedeschi si è incaricato di fronteggiare queste intrusioni dall’Unione Europea nei regimi nazionali. Il nostro Ordine degli Psicologi era stato invece incaricato di fronteggiarle, da parte di tutte le professioni, nel periodo in cui ero presidente, fra il 2000 ed il 2005. I nostri capi di Stato e di Governo, riuniti all’inizio di questo millennio a Lisbona, si sono decisamente invaghiti del regime anglo-americano, ed impegnati ad imitarlo. Dapprima nel modo più aggressivo, proponendo dalla Commissione nel 2002 una Direttiva di riconoscimento transfrontaliero delle qualifiche tale che avrebbe svuotato radicalmente gli Ordini, anche senza abolirli formalmente. Quella partita si giocò principalmente fra Italiani. Contro di noi Mario Monti, Commissario alla DG 3 Concorrenza, che era stato convinto da un “istituto di alti studi” che il regime autorizzatorio restringesse il numero dei professionisti rispetto a quello accreditatorio, ritenuto avere offerenti più numerosi e più economici, con più benessere per tutti, professionisti e clienti. Monti allora assediava tutti i nostri media proponendo l’abolizione degli Ordini. Ci è stato allora facile confutare questa erronea opinione, dimostrando il contrario: che in Inghilterra i professionisti operativi erano un decimo che da noi, dieci volte più cari, così che solo i ricchi potevano ad es. fare una causa, e le psicoterapie dovevano durare anche meno di una settimana. Siamo stati molto favoriti dalla presidenza italiana di turno nel periodo decisivo, e dal Relatore al Parlamento, pure italiano, per cui tutti e tre, anche la Commissione, accettarono la ventina di nostri emendamenti che salvarono gli Ordini nella Direttiva qualifiche 2005/36. In cambio dell’accettazione in blocco di quella nostra ventina di emendamenti verso la fine della presidenza italiana di turno (precisamente durante il terzo semestre della troika), abbiamo dovuto però subire due gravi imposizioni, di cui oggi dobbiamo capire le conseguenze, attuali e potenziali. Innanzitutto, con lo slittamento fuori della portata italiana per l’iter della direttiva servizi 2006/123, siamo stati drasticamente zittiti sul suo iter: sul momento ce ne siamo fatti una ragione anche per l’esclusione da essa dei servizi sanitari, un rifugio per noi. In secondo luogo, la Commissione non rinunziò ad inserire già nella 2005/36 la previsione di una indagine e poi di una nuova Direttiva per una verifica della proporzionalità fra le esigenze autorizzatorie e quelle della libera concorrenza fra altre offerte di prestazioni. Cioè la Direttiva 2018/958 uscita il 28 Luglio dell’anno scorso, con un aperto, fortissimo sostegno delle seconde rispetto alle prime. Sino alla esplicita preferenza per la protezione del titolo, all’inglese, invece della nostra riserva delle attività. Il che vorrebbe dire che, purché i Counselor non-psicologi non si fregino della nostra qualifica, potrebbero fare tutto quel che noi facciamo. Preferenza espressa in ogni forma. Comunque è sufficiente che i Counselor non ostentino un carattere sanitario dei problemi su cui si dichiarano competenti (in ambito ad es. scolastico, famigliare, lavorativo, sessuale ecc. ecc.), ed ecco che la Direttiva Servizi già li protegge decisamente, ben oltre la loro vittoria al Consiglio di Stato contro la sentenza Tar Lazio che si limitava appunto a ribadire la vigente riserva delle nostre attività, ma non poteva spingersi sino ad impedire il loro diritto a concorrere nella soluzione di problemi non sanitari, ed a farsi aiutare in ciò dal MISE. Questo già prima che arrivino a beneficiare di future penalizzazioni del nostro Ordine ai sensi della 2018/958. Rispetto alla quale l’Ordine tedesco, di fronte alla marea ostile, si è accontentato del titolo della Direttiva, che si riferisce solo a “new regulation”, nuove regolamentazioni, senza imporre l’abrogazione delle precedenti. Ma gli inviti agli Stati membri a spingere via dalla modalità ordinistica, riservante, verso l’altra, liberalizzante, restano sparsi per tutta la Direttiva, e riferiti chiaramente ai regimi esistenti, non solo a quelli futuri. C’è da ritenere, e temere, che una crisi economica italiana porterebbe ormai alla ribalta tutte queste spinte contro il nostro Ordinamento. In questa direzione, sulla base delle scorse esperienze e della situazione presente, credo utile e doveroso invitare i colleghi italiani ad avviare ed intensificare i rapporti col regime accreditatorio anglo-americano. In particolare, i colleghi americani di origine italiana, raccolti nella IAPS, Italian American Psychological Society, si sono resi disponibili a venire il 4-5-6 Ottobre 2018 a Napoli, Maschio Angioino, per avviare ed intensificare contatti diretti: invito in particolare i giovani colleghi a concordare con loro dei praticantati ed altre attività, anche attraverso un apposito sito che stiamo allestendo www.apiow.org Pure noi comunque avremmo cose da insegnare a loro, in quanto europei. Grazie ad una struttura formativa creata dal sindacato, ed ai buoni rapporti di questo con le Regioni, noi abbiamo importato in Italia alcune competenze costruite in Europa in ambito psicologico, che invece in USA sono rimaste malamente monopolizzate da altre professioni. Per fare un esempio: la sicurezza stradale in USA è stata dominata dagli ingegneri, che hanno fatto spendere moltissimo nel drizzare curve, allargare e moltiplicare corsie, enormi svincoli e così via. Col risultato di avere quasi il doppio della percentuale di vittime che in Europa. Dalla quale invece noi in Italia abbiamo importato, appunto attraverso i corsi regionali finanziati dal FSE all’istituto di formazione del sindacato, le competenze dei colleghi più esperti; poi trasferendole ai nostri decisori ed influencer vari (ministeri, scuole, università, CNEL, polizie, associazionismi ecc.) raggiungendo gli altri Paesi europei nella riduzione dei morti. Tante altre competenze restano ancora da importare. Ad esempio oggi sull’Italia gravano ben due procedure d’infrazione dell’UE perché non riusciamo neppure ad indicare dove depositare in sicurezza la gran quantità di rifiuti radioattivi che vengono dalle nostre centrali smantellate, dagli scarti della nostra industria, dalla nostra sanità: solo noi li sparpagliamo nei sottoscala degli ospedali, nei campi, nell’acqua, dove capita. In tutti gli altri Paesi del mondo gli psicologi collaborano autorevolmente con altre professioni nel convincere le popolazioni che questo genere di deposito non è solo necessario al Paese, ma è pure una gran benedizione economica per il sito designato, tanto che se lo contendono accanitamente, sapendolo sicuro e conveniente. Quando nel 2002 si scatenò la rivolta di Scanzano vari colleghi esteri ci chiesero stupiti come mai non eravamo stati coinvolti né come Ordine né come formatori. Venendo ad un obiettivo di APIOW più ambizioso ancora, c’è un’azione che facendo collaborare ambedue le comunità psicologiche, italo-americana ed italiana, possiamo tentare, segnatamente la riduzione del rancore che da un secolo e mezzo la potente parte mafiosa della comunità italo-americana nutre contro l’Italia, e dei danni terribili conseguenti. Alla disponibilità dei colleghi americani ed europei bisogna che corrisponda un folto gruppo di colleghi italiani, iscritti al nostro Ordine, ed anche con l’aiuto dell’istituto di formazione del sindacato, che aiutino sia il resto della categoria che l’intero nostro Paese a superare le proprie lacune. Allora noi affronteremo più forti anche la libera concorrenza, tanto promossa dall’UE, sui problemi specifici dei potenziali clienti.